MILANO – Qui dove una volta c’era un parco adesso c’è una città. Una città in verticale alle ex “Varesine”. Una città fatta di grattacieli più o meno alti, più o meno spigolosi e più o meno belli da guardare. Alcuni non fanno neppure venire il torcicollo, tanto la loro struttura è complessa e sviluppatasi anche in orizzontale.
Una città nella città fatta di uffici, abitazioni, garage, qualche spazio verde (in orizzontale e verticale) e nessun bar. Neanche uno. Esistono alcuni punti di ristoro che propongono sapori e sentori di qui e d’altrove, ma non esiste nessun bar in via Mike Bongiorno e nel suo retro pedonale, così come non esistono dehors usifruibili dai pochi ristoranti inseriti nel contesto, perché le parti comuni non sono comunali ma bensì fanno parte della dote dei condòmini. Quindi tutto è diviso in millesimi, quasi in micron.
L’apice qualitativo in tema di food non è stato collocato alla sommità di uno degli edifici ma al piano terra di via Mike Bongiorno 13. Si tratta del ristorante Berton dell’omonimo chef friulano che qui ha trovato una collocazione ideale per la sua cucina d’alta quota. Lui, che sfiora i due metri di altezza e che già nelle cucine del Trussardi alla Scala aveva raggiunto l’eccellenza rappresentata da ben 2 stelle Michelin.
La sua ricerca maniacale della precisione, del minimalismo e della pulizia delle linee stilistiche e di quelle dei sapori ha trovato un contenitore vergine sul quale incidere con decisione e personalità. La cucina si è persino arricchita di rotondità e di italianità rispetto al passato, diventando ancor più riconoscibile e vicina al profilo voluto, e qui trovato.
Il contenitore è meno freddo di quanto siamo ormai abituati ad incontrare nella città della moda e del design, perché qui si arricchisce di dettagli e rifiniture più calde e confortevoli, che siano le tonalità dorate dei soffitti e delle pareti, oppure riferendomi alle comode poltroncine in pelle ton sur ton.
La vetrata -a specchio- consente di vedere fuori e non il contrario, e se il sole batte dove l’occhio soffre, sono previsti degli eleganti troemp d’oeil in grado di schermare l’eccesso di illuminazione. Quella artificiale è garbatamente aggiustata intorno a pannelli fono assorbenti che a loro volta assolvono al meglio il loro compito.
Tavoli tondi neri con bordo spiovente, nessun tovagliato, vasellame bianco di Bisceglie ed altri pezzi di design estremamente adeguati a quanto verrà loro appoggiato sopra in cucina e servito al cliente. Bicchiere con impugnatura ergonomica e stabile, posateria collocata su piccoli appoggi dedicati e poco altro. Carta dei vini su tablet, perché anche la tecnologia avanzata aggiunge un valore alla totalità del progetto.
Essenziale e conciso, così come questa cucina assai personale e che non si rifà a molto altro di deja vu, anzi, le sollecitazioni per l’occhio e per il palato sono propiro quelle che si fanno ricordare. Ed infine una chicca. Un’intera parete dorata con porta cammuffata che nasconde una piccola ed intima saletta che può contenere non più di una decina di persone; porta ed intera parete che sono in grado di scomparire in pochi secondi allargando di non poco la sala, che comunque può contenere comodamente sedute una quarantina di persone.
Una seconda chicca, anch’essa dorata, ad ostentare il lusso, rappresentato in questo caso da una nicchia/scrigno riservato a chi non vuol proprio passare inosservato/inosservata.
Accesso pedonale, salotto d’attesa, servizio attento e ben guidato dall’ottimo direttore Lorenzo Sica, e cucina prevedibilmente atrezzatissima guidata da Andrea Berton, uno dei fini artefici della nuova cucina italiana. Brigata composta da oltre una ventina di addetti, tra sala e cucina. Insomma, qui le cose non si fanno a metà, e le immagini lo confermano.

Il piatto polivalente, Per amuse bouche o piccola pasticceria. Con i molti incavi che possono contenere piccoli finger senza che questi si confondano tra di loro

Uno dei dieci piatti dal menù dei “brodi”, tra cui questo, fatto con merluzzo sfogliato e brodo di prosciutto crudo, rapanelli e pane al prezzemolo.
foto gdf per Mauro Olivieri Blog
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