MONTEGROSSO PIAN LATTE – L’ombelico di Venere, insieme ad un’altra ventina di erbe spontanee rappresentano un insieme botanico naturale che va a comporre un ripieno crudo per pasta fresca unico nel suo genere.
Le chiamano Raviore, e ne abbiamo già parlato su questo blog, perché quando si citano prodotti e motivazioni rivolte al turismo e alla valorizzazione di un territorio bisogna insistere sul tema. Bisogna tenere conto delle originalità, ai margini dell’integralismo alimentare, quello che ti deve spingere a partire per scoprire qualche cosa che altrove non c’è. E qui si sta facendo qualche cosa in più di un “chilometro zero”.
Frutto dell’esperienza legata alla pastorizia, questo insieme di erbe non può essere codificato, ma bensì deve essere inteso come un connubio tra il “saper fare” delle persone che vivono e conoscono il proprio territorio, con ciò che il medesimo può offrire.

Indicazioni per la Strada Marenca, ma c’è anche il cartello dettagliato per gli itinerari della Cucina Bianca
Non può mai essere uguale, ma molto simile si, equilibrando sapori e sentori che si rivelano in natura, partendo dall’osservazione di ciò che si cibano gli animali al pascolo. E da qui, all’Osteria del Rododendro, le giovani donne della famiglia Cordeglio partono per lunghe passeggiate, premiate dall’incontro con queste erbe spontanee, che una volta riportate in cucina diventano un buon motivo per salire fin quassù.
Ma non è solo questo il Rododendro; ci sono anche altri prodotti della terra a chilometro zero di estrema nicchia, a seconda della stagione. Adesso saranno zucchine, pomodori, basilico, aglio di Vessalico, conigli di cortile, insalate amare o castagne messe via per realizzare piatti dolci e salati. Gli stessi dolci? commoventi.
Più in là, dopo un breve periodo di ferie, ci aspettiamo un menù più autunnale, dove non mancheranno le mezzelune di porri e patate, altra autentica perla della cucina bianca del comprensorio di Mendatica.

Un aperitivo:un kir improprio, fatto con il succo dei lamponi selvatici lavorati con alcol e zucchero, allungato con Prosecco
L’occhio del designer però guarda istintivamente oltre, non potendo soffermarsi per ruolo al solo contenuto dei piatti ed al loro sapore, rilevando quindi ingenuità “nel contorno” che sarebbero facilmente evitabili. Sul tavolo, fiori di seta, parmigiano già grattugiato e aceto balsamico industriale stonano un po’ col resto, ma sono piccoli dettagli facilmente aggiustabili, mentre sarebbe bello poter servire questi piatti di resistenza gastronomica territoriale in un vasellame che parlasse la stessa lingua.
In sintesi, sgronocchiando pan fritto e osservando, non si può rimanere indifferenti nei confronti di un luogo stimolante, già a partire dal paesaggio che lo circonda, caratterizzato dai castagni ma punteggiato da mille fiori, girasoli compresi; e poi le vigne di Ormeasco, perfino vinificato dalla famiglia Cordeglio, e con buoni risultati. La cucina di qui è unica, il suo contenitore non il migliore possibile, ma stiamo parlando di dettagli nei confronti di una realtà che convince annualmente migliaia di persone a percorrere decine di chilometri di strade impervie anche durante la settimana, anche all’ora di pranzo, felici di affrontare un buon menù che costa anche poco, sui 25 euro. Cosa volere di più? Prenotare. I coperti disponibili sono infatti una trentina.
Qualche piatto?

Zucchine, peperoni, papate, aglio di Vessalico, patate viola, polentina con fonduta di Brigasca e delizioso coniglio fritto

Ravioli più classici, con sugo al pomodoro d’agosto e basilico, tra i più buoni che possiate immaginare
foto gdf per Mauro Olivieri blog
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